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Recensione “L’incubo di Hill House” – Shirley Jackson

3 Gennaio 2019

“Chiunque abbia visto qualche film del terrore con al centro una costruzione abitata da sinistre presenze si sarà trovato a chiedersi almeno una volta perché le vittime di turno non optino, prima che sia troppo tardi, per la soluzione più semplice – e cioè non escano dalla stessa porta dalla quale sono entrati, allontanandosi senza voltarsi indietro. A tale domanda, meno oziosa di quanto potrebbe parere, questo romanzo fornisce una risposta. Non è infatti la fragile e indifesa Eleanor Vance a scegliere la Casa, prolungando l’esperimento paranormale in cui l’ha coinvolta l’inquietante professor Montague. È la Casa – con le sue torrette buie, le sue porte che sembrano aprirsi da sole – a scegliere, per sempre, Eleanor Vance.”

Dopo l’ottima esperienza con “Abbiamo sempre vissuto nel castello” di Shirley Jackson, ho deciso di acquistare un’altra delle sue opere più famose, “L’incubo di Hill House”.

Solitamente, prima di acquistare un libro, cercare alcune recensioni vi aiuta a farvi un’idea di quello che andrete a leggere, senza tuttavia farvi influenzare sul giudizio che andrete a dare. In questo caso, le opinioni sul libro della Jackson erano talmente contrastanti da avermi particolarmente incuriosita.

“Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. hill house, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di hill house, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola. “

Hill House è una casa malata, malvagia, nella quale ogni inquilino che abbia cercato di viverci non ha resistito più di qualche giorno.

 Il professor Montague decide di condurre un esperimento per verificare e studiare gli strani fenomeni che avvengono nella dimora, e per far questo cerca dei collaboratori, delle persone particolarmente ricettive a fenomeni paranormali, sceglie quindi Luke, legittimo erede della casa, Theodora, una donna esuberante ed egocentrica, ed Eleanor, fragile e instabile.

All’inizio la storia procede abbastanza lentamente, col passare dei giorni però si cominciano a percepire strani sussurri e bisbigli, colpi contro le porte e fenomeni paranormali che si intensificano sempre di più.

Quello che inquieta di più durante la lettura non è qualche strana presenza che cerca qualcosa dagli inquilini, non è un fantasma. E’ la casa stessa, con le sue porte che si chiudono da sole, i suoi angoli gelidi, i corridoi che diventano dei veri e propri labirinti; è la casa che gioca e scherza con la mente dei quattro personaggi fino a cercare di farli impazzire. In particolare Eleanor diventa, più degli altri, la vittima; in lei dilaga sempre di più l’angoscia e l’isteria che la porterà fino al suo triste e tragico epilogo.

 “Io credo che la casa stessa sia il male. Ha incatenato e distrutto la sua gente e le loro vite, è un luogo abitato dall’astio e dal rancore.”

“L’incubo di Hill House” è tra i classici più famosi della Jackson, e l’atmosfera che si percepisce fin

dall’inizio della lettura mi ha subito interessato.  Se dovessi trovare un difetto, però, sarebbe la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto Theodora e la stessa Eleanor, che a tratti ho trovato noiose e addirittura irritanti.  Ma nel complesso è stata una lettura scorrevole e molto apprezzata

Se cercate una vera e propria ghost story questo libro non fa per voi, ma se amate le atmosfere gotiche e cupe, correte a comprarlo.

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Libri  / Recensioni

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Flavia, classe 1990. Leggo, scrivo, cucino. Distratta e pasticciona, vivo nel mio paese delle meraviglie.

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