Titolo: Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop
Autore: Fannie Flagg
Editore: BUR
Prima pubblicazione: 1987
Prezzo di copertina: 10,00 euro
“Vero e proprio caso editoriale, Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop è un piccolo capolavoro che molti lettori hanno scoperto e amato anche grazie all’omonimo fortunato film dei primi anni Novanta. Coniugando uno humour irresistibile alla rievocazione struggente di un mondo che non c’è più. Fannie Flagg racconta la storia del caffè aperto in un’isolata località dell’Alabama dalla singolare coppia formata da Ruth, dolce e riservata, e Idge, temeraria e intraprendente. Un locale, il loro, che è punto di incontro per i tipi umani più diversi e improbabili: stravaganti sognatori, poetici banditi, vittime della Grande Depressione. La movimentata vicenda che coinvolge Ruth e Idge, implicate loro malgrado in un omicidio, e la tenacia che dimostrano nello sconfiggere le avversità, donano a chiunque segua le loro avventure la fiducia e la forza necessarie per affrontare le difficoltà dell’esistenza.”
Conoscevo il titolo di questo libro e anche il film che ne è stato tratto, pur non avendolo mai visto, quindi era inevitabile che prima o poi dovessi leggerlo.
La storia si svolge in un piccolo paese nell’Alabama, una piccola isola felice visto che il razzismo è confinato fuori le mura del paese, e bianchi e neri solo lì convivono pacificamente e senza problemi.
La vita di Whistle Stop si svolge intorno al famoso caffè gestito da Ruth e Idge, una coppia di donne bianche con un figlio che durante lo svolgimento del libro diventerà ragazzo e poi adulto (il figlio in realtà è di Ruth, scoprirete la sua storia e di come il bambino sia stato “adottato” da Idge), in più camerieri e aiutanti tutti di colore.
La lettura è un continuo alternarsi di presente e passato che vi tiene incollati alle pagine impazienti di conoscere come si sviluppano gli avvenimenti.
Sullo sfondo, infatti, abbiamo uno spaccato dell’ America degli anni ’30 con accenni alla Grande Depressione e alla segregazione razziale, Ruth e Idge infatti, sono costrette a offrire i pasti alla gente di colore solo nel retro del caffè, a causa dei continui controlli da parte dei poliziotti della vicina città di Birmingham e irruzioni del KKK.
Parallelamente abbiamo gli anni ’80, dove la nostra storia viene raccontata dalla signora Threadgoode a Evelyn, una casalinga non proprio soddisfatta della sua vita, i loro incontri si trasformeranno presto in una bella amicizia, l’anziana signora Threadgoode è molto saggia e il suo entusiasmo nel rievocare e raccontare i suoi ricordi è contagioso, mentre Evelyn, prendendo il meglio da lei, trova dentro di sé la forza e la serenità.
La storia, inoltre, è arricchita di dettagli attraverso la presenza di articoli e inserti del giornale locale dell’epoca.
Lo stile della scrittrice è forse la prima cosa che mi ha colpito, ironico, ma nello stesso tempo semplice e dolce, nonostante affronti il tema del razzismo, dell’omosessualità, della Grande depressione, della malattia e della morte e del suicidio assistito.
Forse il tutto risulta un po’ troppo “irreale”, come il fatto che l’omosessualità sia accettata senza problemi e che tutti riescano a vivere pacificamente, felici e contenti, ma credo che anche per questo sia un buon libro; ogni tanto fa bene immaginare un mondo (o anche solo una piccola cittadina) capace di andare oltre le apparenze, oltre la razza, il colore, l’orientamento religioso e sessuale e osservare le persone per come sono dentro, dimostrando sempre molta umanità.
E’ un libro che mi ha quasi commossa, e nonostante parli di epoche ormai passate, risulta comunque molto attuale.
Consiglierei a chiunque di leggerlo.
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